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Tribunali Emilia-Romagna > tutela cautelare
Data: 19/12/2006
Giudice: Vicini
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento:
Parti: Pasqualina G. / Bormioli Luigi SpA
TRIBUNALE DI FORLì - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – ORDINE DI REINTEGRAZIONE – DIRITTO ALLA RIPRESA DELLE STESSE MANSIONI E NELLA STESSA SEDE PRECEDENTI IL LICENZIAMENTO


TRIBUNALE DI FORLÌ del 19 dicembre 2006 (Ord. Collegio) (Rel. Vicini) Lidia L. / S. O.

LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – ORDINE DI REINTEGRAZIONE – DIRITTO ALLA RIPRESA DELLE STESSE MANSIONI E NELLA STESSA SEDE PRECEDENTI IL LICENZIAMENTO

Art. 18 legge n. 300/1970

Art. 700 cod. proc. civ.

Art. 669 duodecies cod. proc. civ.

Una lavoratrice che prima del licenziamento svolgeva la funzione di responsabile S. O. presso la sede centrale della sua società, ottenuto dal Tribunale di Forlì (con ordinanza collegiale) un ordine di reintegrazione, veniva in realtà temporaneamente adibita all’Outlet di un'altra cittadina e poi in via definitiva all’Outlet di un’ulteriore cittadina. Il Tribunale di Forlì, ritenuto che il dipendente reintegrato ha diritto ad essere ricollocato nel posto di lavoro occupato in precedenza (Cass. 42438/03) ed adibito alle abituali mansioni svolte nel posto di lavoro anteriormente occupato; rilevato che “l’eventuale attribuzione del suddetto posto ad altro dipendente in sostituzione del lavoratore licenziato - che abbia impugnato l’atto di recesso - deve essere considerata provvisoria perché condizionata alla definitiva reiezione giudiziale della suddetta impugnativa; ne consegue che, sopravvenuto l’ordine di reintegrazione, il datore di lavoro, quali che siano gli impegni assunti nei confronti del sostituto, deve in via prioritaria riammettere il lavoratore licenziato nel suo originario posto di lavoro e non può allegare l’avvenuta sostituzione come esigenza organizzativa per trasferire in altra sede di lavoro il dipendente reintegrato” (Cass.n. 13727/00); ritenuto che a maggior ragione tale principio debba applicarsi in caso di reintegra applicata in sede cautelare; ordina alla datrice di lavoro la immediata rassegnazione della lavoratrice alle mansioni di responsabile S. O. già esercitate presso la sede centrale anche con eventuale sottrazione delle mansioni ai dipendenti ai quali la società afferma essere state distribuite, autorizzandola ad avvalersi, se necessario, degli ufficiali giudiziari per accedere a detta sede societaria.




Tribunali Emilia-Romagna > tutela cautelare
Data: 19/12/2006
Giudice: Vicini
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento:
Parti: Antonio F. / Sicor SpA
TRIBUNALE DI FORLì - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – ORDINE DI REINTEGRAZIONE – DIRITTO ALLA RIPRESA DELLE STESSE MANSIONI E NELLA STESSA SEDE PRECEDENTI IL LICENZIAMENTO


TRIBUNALE DI FORLÌ del 19 dicembre 2006 (Ord. Collegio) (Rel. Vicini) Lidia L. / S. O.

LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – ORDINE DI REINTEGRAZIONE – DIRITTO ALLA RIPRESA DELLE STESSE MANSIONI E NELLA STESSA SEDE PRECEDENTI IL LICENZIAMENTO

Art. 18 legge n. 300/1970

Art. 700 cod. proc. civ.

Art. 669 duodecies cod. proc. civ.

Una lavoratrice che prima del licenziamento svolgeva la funzione di responsabile S. O. presso la sede centrale della sua società, ottenuto dal Tribunale di Forlì (con ordinanza collegiale) un ordine di reintegrazione, veniva in realtà temporaneamente adibita all’Outlet di un'altra cittadina e poi in via definitiva all’Outlet di un’ulteriore cittadina. Il Tribunale di Forlì, ritenuto che il dipendente reintegrato ha diritto ad essere ricollocato nel posto di lavoro occupato in precedenza (Cass. 42438/03) ed adibito alle abituali mansioni svolte nel posto di lavoro anteriormente occupato; rilevato che “l’eventuale attribuzione del suddetto posto ad altro dipendente in sostituzione del lavoratore licenziato - che abbia impugnato l’atto di recesso - deve essere considerata provvisoria perché condizionata alla definitiva reiezione giudiziale della suddetta impugnativa; ne consegue che, sopravvenuto l’ordine di reintegrazione, il datore di lavoro, quali che siano gli impegni assunti nei confronti del sostituto, deve in via prioritaria riammettere il lavoratore licenziato nel suo originario posto di lavoro e non può allegare l’avvenuta sostituzione come esigenza organizzativa per trasferire in altra sede di lavoro il dipendente reintegrato” (Cass.n. 13727/00); ritenuto che a maggior ragione tale principio debba applicarsi in caso di reintegra applicata in sede cautelare; ordina alla datrice di lavoro la immediata rassegnazione della lavoratrice alle mansioni di responsabile S. O. già esercitate presso la sede centrale anche con eventuale sottrazione delle mansioni ai dipendenti ai quali la società afferma essere state distribuite, autorizzandola ad avvalersi, se necessario, degli ufficiali giudiziari per accedere a detta sede societaria.




Tribunali Emilia-Romagna > tutela cautelare
Data: 02/01/2010
Giudice: Vezzosi
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento:
Parti: I. DANIELE + 2/ TELECOM ITALIA SPA
LICENZIAMENTO IN MATERNITÀ – NULLITÀ – APPLICABILITÀ DEL PROCEDIMENTO D’URGENZA: SUSSISTENZA


Art. 54  D. Lgs. n. 151/2001

Art. 700 c.p.c..

 

Con ricorso ex art. 700c.p.c al Tribunale del lavoro di Parma una lavoratrice con mansioni di impiegata addetta all’attività di amministrazione impugnava il licenziamento intimatole per “prossima chiusura dell’azienda” sia nei confronti della società formale datrice di lavoro che nei confronti di una serie di società che ella assumeva essere collegate alla datrice, costituendo con la stessa un unico gruppo societario.

La lavoratrice evidenziava in particolare che il provvedimento di recesso - immediatamente successivo alla comunicazione del suo stato di gravidanza e dell’interdizione obbligatoria dal lavoro per problemi legati alla stessa – non era realmente fondato sulle motivazioni formalizzate (in quanto non realizzate le condizioni della chiusura della società datrice), ma solo dallo stato gravidico e dunque nullo.  La lavoratrice evidenziava altresì la sussistenza del collegamento societario tra le varie società convenute, specificando di aver prestato indifferentemente la propria attività a favore dell’una piuttosto che dell’altra.

Quanto al periculum, la ricorrente assumeva l’ontologica sussistenza dello stesso in relazione alla natura discriminatoria del recesso evidenziando altresì la precaria condizione economica complessiva della famiglia. Veniva inoltre esteso il contraddittorio nei confronti della DPL di Parma affinché venisse riconosciuto il diritto della lavoratrice a fruire il periodo di astensione anticipata fino all’inizio della maternità obbligatoria e dell’INPS affinché le venissero riconosciuti i trattamenti economici di legge connessi al suo stato.

Si costituiva la Comec Srl negando la l’esistenza del gruppo e rappresentando che il ricorso ex art. 700 c.p.c. era inammissibile in quanto il licenziamento era stato sospeso in conseguenza della gravidanza della lavoratrice che, comunque, non poteva considerarsi a rischio. Si costituivano le altre società convenute negando la sussistenza del collegamento societario e l’INPS richiedendo la condanna della società datrice al pagamento delle somme derivanti dal rapporto in essere. La DPL di Parma rimaneva invece contumace.

Il Giudice – a scioglimento della riserva – rilevava che il ricorso, al momento del deposito, era pienamente giustificato seppure era intervenuta la sospensione del licenziamento da parte della convenuta. In particolare il Giudice evidenziava l’inammissibilità giuridica della “sospensione” del licenziamento, dovendo piuttosto integrare il comportamento della società  una revoca dello stesso. Tuttavia detta revoca – mai formalmente trasmessa alla lavoratrice - non poteva essere in alcun modo conoscibile dalla ricorrente non avendo provveduto la società a trasmetterle le buste paga ed essendosi limitata ad accreditare sul conto corrente della lavoratrice importi pacificamente dovuti. In ogni caso la convenuta non aveva assolto all’onere di allegare elementi a sostegno della pretesa “prossima chiusura dell’azienda”, motivazione addotta al fondamento del recesso impugnato.

Il Giudice infine riteneva integrato il requisito del pregiudizio imminente e irreparabile dalla natura discriminatoria del licenziamento evidenziata dalla tempestività con la quale lo stesso veniva comminato non appena avuta conoscenza dell’interdizione della lavoratrice per gravidanza: a tale proposito il Tribunale afferma testualmente che “il periculum (…) è da rinvenirsi in re ipsa nell’odioso licenziamento posto in essere”. Per le ragioni sopra esposte, il Tribunale di Parma con ordinanza resa in data 2.1.2010 accoglieva il ricorso della lavoratrice, dava atto della revoca del recesso, ordinava all’INPS di riconoscere alla lavoratrice tutti i trattamenti economici di legge in conseguenza dello stato di gravidanza, rigettava la domanda svolta nei confronti della DPL di Parma e dichiarava cessata la materia del contendere con riferimento alle altre società convenute in giudizio dalla ricorrente.